ODE ALLA COSCIENZA CHE NON DORME
Non è possibile — no, non è possibile —
che il nostro respiro sia contabilizzato
nei bilanci del riarmo,
che la vita dei nostri figli
sia una voce di spesa
tra missili e gas.
Non è possibile
che governi eletti a metà
obbediscano a burocrati senza volto,
inermi davanti a élite
che trafficano morte
chiamandola sicurezza,
che vendono paura
chiamandola pace.
Ci hanno detto:
è necessario, è inevitabile, è il mondo reale.
Ma chi ha deciso
che il reale dovesse essere disumano?
La Costituzione —
non un feticcio,
non una carta da cerimonia —
dice chiaro,
dice semplice,
dice umano:
la guerra è ripudiata.
Ripudiata.
Non regolata.
Non giustificata.
Ripudiata.
Eppure parlano solo di nemici,
di blocchi,
di buoni e cattivi,
come se la storia fosse una favola
scritta dalle stesse mani
che contano i profitti.
Chi osa ricordare
che le responsabilità sono reciproche
viene insultato.
Chi chiede negoziati
viene chiamato traditore.
Chi rifiuta l’odio
diventa complice per decreto mediatico.
Ma noi no.
Noi diciamo:
la pace non è resa,
il dialogo non è debolezza,
l’umiltà non è vigliaccheria.
I popoli non sono eserciti.
I popoli non sono governi.
I popoli non sono bersagli.
Siamo una generazione
cresciuta tra crisi e menzogne,
educata alla rassegnazione,
addestrata all’impotenza.
Ci hanno convinti
che non possiamo fare nulla.
Ed è questa
la loro arma più efficace.
Ma basta uno che parla
per rompere il silenzio.
Bastano dieci
per far tremare la narrazione.
Bastano mille
per riempire una piazza
di corpi vivi
contro la logica della morte.
Scendere in piazza non per distruggere,
ma per dire basta.
Non per odiare,
ma per ricordare.
Non per imporre,
ma per pretendere umanità.
Pretendiamo trattative.
Pretendiamo diplomazia.
Pretendiamo che il denaro torni
agli ospedali, alle scuole, al lavoro,
e non alle fabbriche di bare.
Non siamo sudditi.
Non siamo carne da propaganda.
Non siamo comparse
nel teatro dell’apocalisse.
Siamo cittadini.
Siamo coscienza.
Siamo voce.
E se la storia deve piegarsi,
che lo faccia
davanti a chi rifiuta la guerra
prima che sia troppo tardi.
(Antonio Marra © 2025)