mercoledì 8 luglio 2020




PREGHIERA 


Grido! 
Piango! 
La preghiera viene solo dal profondo, spontaneamente. Udrà Qualcuno la mia preghiera? O è soltanto un vento dall'abisso verso il nulla? 

Grido di gioia – e in lode canto perché amo. Piango di pena – e gemo di dolore perché non sono insensibile. Chi prega? Non credo che venga da me: - non dalla mia volontà; e tuttavia è attraverso di me. - forse dal mio cuore. Ma da dove? Il mio cuore è toccato dall'Esterno. A chi mi rivolgo? Non so. Non so dargli un nome. Tutti i nomi sono divenuti sospetti. E tuttavia, so che non ho bisogno di sapere. Nessuna autentica preghiera è cosciente di sé: non potrebbe resistere al ripiegarsi su di sé, ed esploderebbe nell'autoriflessione. Allora non sto pregando, quando voglio pregare? Perchè mai, se è Spirito Divino? Chi prega, se unico è il Sé? 41 Cristianesimo senza dogmi Allora pregano soltanto gli ignoranti? Quelli che non sanno chi sono? Un Sé solitario non prega. Aham Brahman (io [sono] Brahman) Se io fossi Te, non pregherei. Se Tu fossi me, pregheresti? Chi sono dunque io per te? Non la tua creazione. Non ti occorrerebbe pregare la tua stessa creatura. Chi sei Tu allora per me? Certamente non la mia creazione: io non pregherei la mia stessa creatura. Non potrebbe essere allora che io sono il tuo tu e Tu l'Io? Tu il mio vero Io, e io il tuo vero tu? Tat twam asi (Tu sei questo). O è tutto un monologo? Tuo o mio? O non siamo due, senza essere uno? Non è questo advaita (non-dualità), o forse trinità? Da millenni prega la gente. Dai tempi remoti i pandit (gli eruditi) “la sanno più lunga” e tessono belle teorie. Usano molte parole e pronunciamo molti nomi. Talvolta sono termini generici, tutti significano potenza: Signore, bhagavan, creatore, pati... e io provo timore. Talvolta usano nomi propri; Visnù, Yahweh, Allah... e mi sento confuso. Anch'io ho la mia istadevata (eikona), 42 Raimon Panikkar ma non oso dire il suo nome, per timore che altri, e io stesso, udendolo, lo scambi per l'Assoluto. Lo dico solo quando essa può perdonare il mio ardire, e la mia pretesa. Può darsi che la preghiera divida noi uomini? O che combattiamo, perché Tu non sei il Tu di tutti? E' possibile solo pregare insieme in silenzio? E' proibito godere della sinfonia? O vogliamo che sia il nostro Dio a dirigere l'orchestra? Conosciamo così bene il nostro Dio? E' meglio allora non pregare? Non posso credere che ci sia guerra anche in cielo. Non c'è pace nel devaloka (sfera degli Dei)? Capisco che non preghiamo la “stessa cosa”: non c'è tale “cosa”. Oppure la preghiera è solo una necessità psichica? Dire che Tu hai Tutti-i-Nomi è affermare che Tu non possiedi Nessun Nome, che Tu sei anonimo, che la preghiera non può avere nomi, né concetti né idee. La mia preghiera si ferma – frustrata. O non è forse questo fermarsi, dopo tanto parlare, la vera preghiera? Oppure ho sbagliato fin dall'inizio? Et clamor meus ad Te veniat! 43 Cristianesimo senza dogmi Una preghiera posso ancora recitare, una preghiera rivolta ai miei fratelli. E' un gemito di compassione, e un grido di speranza: che ci sia pace e armonia fra la gente che prega. La preghiera non ci rivela forse la nostra precarietà, la nostra “contingenza” (cum-tangere), il nostro “toccare” l'infinito, pur nella singolarità di un punto? Sono nell'induismo, o nel cristianesimo? O piuttosto nel buddhismo? Perchè queste etichette nel campo della preghiera? Sì, posso pregare in molte lingue: nessuna dice la stessa cosa, perché la fede non ha oggetto. Ma tutte dicono, cantano, soffrono, gioiscono... Tutte queste preghiere sono mie, e delle mie sorelle e dei miei fratelli. Forse posso solo pregare con le loro preghiere, e di questo sono immensamente grato. (traduzione e cura di Milena Carrara Pavan) (da Micromega n.2 del 2001)

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